L’accordo è stato firmato sotto l’albero di Natale, il 24 dicembre, a Roma. Una separazione consensuale tra le Poste e la Ilte di Vittorio Farina nella proprietà di Postelprint. L’intesa, messa a punto con l’assistenza degli studi Erede (Farina) e Carnelutti (Poste), prevede che Poste, tramite la controllata Postel, acquisti dalla Ilte il 50% di Postelprint. È uno scambio alla pari che da un lato remunera l’investimento di Farina e dall’altro evita a Poste la sgradevole coabitazione con un colosso concorrente, probabilmente Deutsche Post, nel settore della stampa della cosiddetta “posta ibrida”: bollette, buste, lettere e fatture varie, in cui Postelprint conta in Italia 5 mila grandi clienti, per un fatturato di circa 250 milioni di euro.
Maxifusione a quattro. Tutto nasce dallo start-up di Postelprint, varato quattro anni fa da Postel e Ilte, con pariteticità di capitale e gestione privata. Già dal 2002, con il partner Poste a portare lavoro e sinergie e uno stampatore evoluto a gestire, Postelprint era uscita dalla fase di avviamento, raggiungendo l’utile e assestandosi su livelli produttivi ottimali. Come in tutte le belle storie c’è però un busillis. Nei piani originari immaginati dall’allora amministratore delegato delle Poste, Corrado Passera, e condivisi da Farina, c’era un progetto industriale, messo a punto da Bain, che prevedeva una maxifusione a quattro tra Ilte, Postel, Postelprint e l’attività non monetria del Poligrafico dello Stato. Farina sarebbe andato in minoranza conservando la gestione e la quotazione in Borsa avrebbe creato valore per Poste e per lui (permettendogli di rientrare nel debito a suo tempo contratto per comprare la Ilte della Stet).
Ilte all’asta da settembre. La trattativa si è sviluppata per quasi un anno, ma la “quadrangolazione” era forse troppo ambiziosa. E l’attesa non faceva per Farina, che a settembre ha deciso di aprire un’asta, con l’aiuto del Mediocredito centrale e della Medinvest, per vendere al miglior offerente non il 50% di Postelprint ma addirittura il 100% della controllante Ilte, raccogliendo offerte da vari stampatori internazionali, coma la Quebecor, e da Swiss Post, Tnt Post Group e soprattutto Deutsche Post.
Tornano i progetti d’integrazione. Di fronte a un simile, minaccioso parterre di possibili nuovi padroni di Ilte (e quindi consoci gestori in Postelprint), l’amministratore delegato delle Poste, Massimo Sarmi, si è fatto avanti per salire al 100% della joint venture, in coerenza con la strategia già attuata con l’acquisizione del Corriere Bartolini: controllare le aziende-chiave per crescere nei settori complementari a maggior valore aggiunto. Ma, si sa, i progetti ambiziosi a volte ritornano. E cosi riemerge anche il piano Bain che prevede ora la fusione tra la Ilte (ormai liquida, dopo l’operazione Postelprint) e le sole attività non monetarie del Poligrafico, che darebbe vita a un gruppo tipografico di grandi dimensioni (oltre 600 milioni di euro di fatturato). A gestire il tutto, il governo pensa di inviare Maurizio Basile, ex presidente e amministratore delegato di Eti, ben visto sia da Giulio Tremonti sia da Gianni Letta.
Sergio Luciano