Si alza il sipario sulla privatizzazione dell’Eti Il presidente Basile: “La società vale 1,4 miliardi di euro”

Roma – I dipendenti dell’Eti si ridurranno a 2.100 entro l’anno prossimo, un calo di oltre un terzo rispetto ai 3.300 attuali. È la conseguenza del contratto di lavoro privatistico che sostituisce il vecchio accordo per i dipendenti distaccati dagli ex Monopoli di Stato. “Con questo contratto, che aumenta i livelli di efficienza e allinea le retribuzioni ai livelli europei, abbiamo messo a punto l’ultimo tassello per la privatizzazione dell’Eti”, osserva il presidente, Maurizio Basile. Ex dirigente di Alitalia e Iritecna, Basile fu chiamato nel settembre 1998 dall’allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, a traghettare la trasformazione del monopolio per tabacchi in società per azioni, con l’obiettivo della privatizzazione. “Pensiamo di completare entro l’anno la dimissione delle residue attività non strategiche, dall’Atisale agli stabilimenti di premanifattura dell’Ati. A questo punto l’Eti è pronto per essere messo sul mercato, con le attività di produzione di sigarette e sigari e la distribuzione. Un destino separato – precisa – avranno gli immobili non pià utilizzati per la produzione, per i quali stiamo aspettando le indicazioni dell’azionista ministero dell’Economia”. Basile spiega che l’accordo sindacale raggiunto il 14 giugno con Cgil, Cisl e Uil “fissa il nuovo assetto dell’organico con 2.100 addetti alla fine del 2003, un livello inferiore ai 3.400 indicati dal piano dell’aprile 2000, già adesso siamo 3.300. All’inizio del 1999 avevamo 7mila persone”. Sono esclusi da queste cifre i circa 600 addetti delle attività “non strategiche”, Atisale e Ati.
“Questo accordo comporta un efficientamento. L’azienda viaggiava intorno a una produzione di 11mila chilogrammi annui pro capite, ora siamo sui 26-27mila e andremo a 45mila chilogrammi pro capite l’anno. Così ci collocheremo nella parte alta dei produttori europei”. Basile afferma che “con queste prestazioni l’azienda sarà in linea con i parametri” della francospagnola Altadis e di Austria Tabak. Riconosce comunque che resta al di sotto della produttività dei “campioni” anglosassoni, quali Philip Morris e British American Tobacco. Il nuovo contratto, inquadrato nel settore alimentare, non ha messo in allarme i sindacati, perchè sono confermati gli strumenti morbidi di gestione degli esuberi: fondo di sostegno al reddito, incentivi al pensionamento e un bonus molto gradito, il collocamento nella pubblica amministrazione sul modello Olivetti. L’azienda dovrà accantonare uteriori 85 milioni per i costi delle uscite. E per chi resta c’è un aumento di retribuzione medio intorno al 18%: “avevamo un costo del lavoro pro capite medio annuo di 36.600 euro, andiamo a un costo medio di 43.200 euro”, dice il presidente. Secondo Basile, quando il nuovo organico sarà a regime, il Margine operativo lordo dell’Eti aumenterà di 25 milioni all’anno e il valore dell’azienda, dedotto il fondo di ristrutturazione, salirà di 90 milioni. Ma quanto vale l’Eti? Secondo il presidente l’azienda, esclusi gli immobili non più impiegati per la produzione, che sono a libro per 270 milioni, “ha un prezzo teorico di circa 1,4 miliardi”. Un grosso neo è però nella parte commerciale, dove l’Eti continua a scontare l’erosione nelle quote di mercato delle sigarette nazionali, a vantaggio dei marchi stranieri: la suo quota di mercato, pari al 40% nel 1996, è scesa al 33% nel 1999 e al 27% nel 2001.

G.D