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ANAS

Maurizio Basile approda in ANAS nel maggio 2004, con la carica di condirettore generale, sull’onda del prestigioso risultato conseguito con la complessa privatizzazione dei Monopoli.
Il Governo ha una nuova difficile sfida da affidare all’ex manager dell’IRI: trasformare il pachiderma ANAS, il gigante che guida sul piano operativo i grandi lavori infrastrutturali stradali del Paese, in una società efficiente in grado di poter gestire con logiche imprenditoriali e di mercato l’enorme patrimonio pubblico infrastrutturale viario in essere e in divenire.
Questa trasformazione, se realizzata, nelle intenzioni del Governo, non solo consentirebbe un utile ammodernamento del sistema, ma potrebbe schiudere la strada a un altro fondamentale obiettivo della finanza pubblica: riuscire a portare fuori dal perimetro statale la società ANAS nei sistemi di contabilità dell’Unione Europea e quindi a non far più gravare le risorse pubbliche erogate alla società nel quadro dei conteggi che portano alla quantificazione del debito pubblico.
L’obiettivo appare particolarmente ambizioso se si tiene conto della complessa struttura dell’azienda distribuita sull’intero Paese, sulle dimensioni del patrimonio da gestire e manutenere, sui grandi progetti da sviluppare, sulla cultura statale profondamente radicata nelle risorse umane e nel management della società.
Basile nel suo ruolo di condirettore generale con compiti focalizzati sugli aspetti gestionali e finanziari, si trova da subito in una difficile situazione di ‘governance’, dovendo rispondere del proprio operato a un direttore generale e un presidente che non condividono il nuovo corso strategico di missione. A complicare ulteriormente l’assetto della struttura di ‘governance’ aziendale vi è, peraltro, anche uno ‘storico’metodo di gestione della società che affida deleghe di ‘supervisione’ di alcune attività operative dell’azienda (personale, investimenti) a singoli consiglieri di amministrazione di nomina politica.
Basile, nonostante le difficoltà del contesto, accetta la sfida manageriale e con il metodo positivamente sperimentato nei Monopoli (dove tuttavia non vi furono problemi sulla ‘governance’) cerca innanzitutto di ricostruire un tessuto dirigenziale della società immettendo limitate risorse manageriali esperte e mixandole con quelle già presenti in azienda con l’obiettivo dichiarato di favorire una progressiva rivoluzione culturale sempre più orientata a logiche di mercato.
Nel contempo avvia una profonda rivisitazione contabile, amministrativa, giuridica dell’assetto della macchina gestionale dell’azienda, accompagnata dalla definizione di un nuovo piano strategico/economico in grado di disegnare un progressivo sganciamento della società dalle logiche puramente statali che ne hanno governato da sempre l’attività.
L’analisi di avvio di questa rivisitazione fa emergere intollerabili obsolescenze nella gestione dei sistemi che governano a tutti i livelli l’operatività aziendale e che ne determinano lo stato di sostanziale ingovernabilità per un’efficiente e solida gestione.
In particolare nell’ambito della stesura del nuovo piano strategico/economico emerge un’interessante idea che potrebbe portare al conseguimento dell’obiettivo governativo di portare fuori dal perimetro pubblico i conti dell’ANAS: il ‘pedaggiamento ombra’, un sistema di regolazione dei rapporti tra stato ed enti che operano nelle infrastrutture stradali (diffuso in diverse nazioni) e che di fatto rende le erogazioni di denaro pubblico sulla base di contratti soggetti a controllo da autorità terze e a penalità, equivalenti a ricavi derivanti da contratti di natura privatistica.
Il complesso di azioni e interventi messi in atto da Basile e la sua squadra trova tuttavia forti resistenze nell’apparato storico dell’azienda e negli stessi componenti la struttura dell’articolata ‘governance’ aziendale.
Nel novembre del 2004, a soli sette mesi dall’arrivo e dopo aver avviato il nuovo piano strategico/economico e numerosi progetti destinati a cambiare radicalmente il volto dell’azienda, Maurizio Basile dinanzi alle crescenti difficoltà e resistenze a portare avanti la rivoluzione dell’ANAS verso il mercato, decide di dimettersi accettando la nomina di direttore generale delle Ferrovie dello Stato.